
Quanti incendi, uragani, inondazioni violente si sono verificate quest’anno?
Le temperature sono salite e le strade del mondo si sono riempite: milioni di giovani hanno partecipato agli “scioperi climatici”, guidati da una risoluta Greta Thunberg, diventata icona ecologista. Qualcosa sta cambiando, è visibile.
La venticinquesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite si apre per l’appunto all’insegna del confronto, del cambiamento e dell’azione. A Madrid, l’incontro promette di essere intenso. Alla vigilia del 2020, sotto la presidenza cilena, gli stati parti dovranno rivedere le loro attività e ambizioni climatiche al fine di raggiungere gli obiettivi necessari per la piena attuazione dell’Accordo di Parigi.
Come affrontare le conseguenze dell’innalzamento del livello del mare? Come far fronte ai danni causati da un’inondazione o dalle distruzioni di un uragano? Data l’urgenza, uno dei principali punti affrontati in questa nuova conferenza internazionale sul clima riguarda proprio l’assistenza ai paesi, soprattutto PVS, per adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici, nonostante sia già oggetto di un articolo specifico nell’accordo di Parigi.
Varie associazioni e organizzazioni fanno notare come esista e non sia presa sufficientemente in considerazione una connessione tra la lotta ai cambiamenti climatici e la lotta alle disuguaglianze. In tale direzione, sottolineano che la COP25 dovrebbe servire per saldare il legame tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo affinché si consolidi un meccanismo di solidarietà per combattere le perturbazioni climatiche e affrontarne le conseguenze.
Indubbio è che senza le risorse economiche non si avrebbero i presupposti per agire in futuro, per questo “è necessario trovare mezzi finanziari per sostenere le popolazioni interessate e mezzi innovativi in modo che non pesi più sui bilanci dei paesi, già molto limitati”, afferma Lucile Dufour, coordinatrice del Network Climat & Développement, che riunisce una sessantina di ONG africane sulle questioni climatiche. Secondo l’ultimo rapporto dell’OCSE, queste cifre stanno aumentando negli anni, con 71,2 miliardi nel 2017. Inoltre, i “paesi del Nord” hanno promesso di incrementare il finanziamento del Fondo verde per il clima a $ 100 miliardi all’anno entro il 2020.
Potrà mai bastare la questione delle finanze per risolvere un problema tanto complesso e diffuso? Assolutamente no, i membri della COP25 lo sanno bene e per tale motivo sarà presentata sul tavolo dei lavori anche la questione di definire regole più rigorose per i mercati del carbonio.
Verrà rimesso in discussione il sistema creato nell’ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che mirava a ridurre le emissioni di gas serra globali attraverso un sistema di scambio di carbonio tra i paesi: il principio era quello di trasformare la CO2 in attività economiche che potessero essere vendute dalle società emittenti.
Scarsamente definite, queste regole hanno consentito e consentono lo scambio di riduzioni delle emissioni che non esistono, che sono obsolete o che sono state già scambiate.
L’istituzione di un rigoroso quadro di questi mercati del carbonio è richiesto a gran voce dalle ONG, che propongono di eludere dalle riduzioni le emissioni effettuate prima del 2020, dall’ammontare di circa 4 miliardi di tonnellate di CO2.
La mancanza del rispetto di tali regole ha creato rischi, in particolare per il rispetto dei diritti umani, soprattutto per quanto riguarda le popolazioni indigene che sono state private di terre da coltivare e hanno subito l’inquinamento dei corsi d’acqua di cui usufruivano.
Ulteriore sfida della Conferenza è di aumentare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nel 2020.
Le ONG chiedono che i paesi più responsabili dei cambiamenti climatici prendano l’iniziativa. Nel 2018 i paesi del G20 erano responsabili dell’80% delle emissioni globali di gas serra. L’attuale inazione porterebbe il mondo a produrre il 120% di energia fossile in più di quanto sarebbe necessario per limitare il riscaldamento a 1,5 ° C.La COP25 deve quindi essere un invito alla coerenza degli Stati rispetto agli impegni presi, in modo che il mondo rimanga un luogo vivibile per tutti.
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